Sabato 18 ore 21:00 e domenica 19 ore 17:00 febbraio si terrà presso il Teatro Brancaccio l’evento”Serata Bigonzetti“.
Uno spettacolo vero e proprio, un omaggio alla danza e alle coreografie di Mauro Bigonzetti.
Rappresentanti di diverse compagnie nazionali e internazionali porteranno in scena le sue coreografie, realizzate negli anni in giro per il mondo e ripercorrendo così la sua carriera artistica e professionale, alla scoperta del linguaggio di questo grande artista. Ad omaggiare il coreografo saranno presenti:
Alvin Ailey American Dance Theater Linda Celeste Sims / Glenn Allen Sims Ater Balleto Valerio Longo Companhia Nacional De Bailado Filipa De Castro / Carlos Pinillos International Artists Vincenzo Capezzuto / Adrien Boissonnet Staatsballet Berlin Elisa Carrillo Cabrera / Michael Banzhaf Stuttgart Ballet Alicia Amatriain / Friedemann Vogel
Per l’occasione abbiamo avuto il privilegio di poter intervistare uno dei protagonisti della serata: il coreografo e danzatore Valerio Longo.
Parlando un po’ della serata ha mostrato la sua felicità nel ricevere l’invito, raccontandoci del suo rapporto e del legame con Bigonzetti, nonché dei suoi lavori e della preparazione per questo spettacolo.
«Bigonzetti è un importante coreografo che nell’ultima metà del secolo sta facendo la storia del balletto contemporaneo, infatti il suo repertorio viene ripreso in diverse compagnie di tutto il mondo. Sono stato invitato tramite Milleluci Entertainment, diretta da Mario Marozzi, in quanto danzatore storico della compagnia Aterballetto dove Mauro [Bigonzetti] è stato direttore per circa 10 anni. Ho ballato il repertorio della compagnia e lui ha creato diversi pezzi su di me. Sono parte pulsante del suo percorso anche come coreografo. Sono cresciuto sotto la sua direzione: da lui ho ricevuto i primi input iniziali per mettermi in discussione, anche come coreografo.
Al momento proseguo con l’attuale direttore della compagnia dell’Aterballetto Cristina Bozzolini, con la quale avevo avuto il piacere di collaborare già al Balletto di Toscana quando ne era la direttrice, e sto portando avanti altri repertori come danzatore di Aterballetto, ma fondamentalmente conosco il lavoro di Bigonzetti, il training ce l’ho già addosso, quindi la preparazione consisterà nel riprendere in mano il lavoro e rimettermelo nel corpo per poterlo presentare allo spettacolo.»
Ma chi è Valerio Longo?
Nato a Roma nel 1976, figlio d’arte, sua madre è anch’essa danzatrice, così si avvicina alla danza fin da piccolo.
Alle spalle un lavoro forte e lungo, come la voglia di far conoscere e sostenere, sia come danzatore che coreografo, la danza in Italia, per vederla sbocciare e fiorire, in un continuo dialogo con i luoghi e le arti legati al patrimonio culturale e artistico italiano. Il suo impegno costante lo porta avanti attraverso una ricerca del movimento legato al gesto.
Ciò che è senz’altro un punto di forza in Valerio è il fatto che accanto alla carriera di coreografo prosegue quella di danzatore. Questo gli permette di essere in sintonia e capire le esigenze dei ballerini con cui lavora.
«Essere un coreografo professionista che ancora danza mi permette di essere più vicino a loro, per far comprendere come ci si deve adeguare al diverso linguaggio e movimento che si presenta di volta in volta con i vari coreografi che lavorano su di te. Inoltre mi aiuta anche nel lavoro che poi andrò a fare io, in qualità di coreografo, sui ragazzi che porteranno in scena la mia coreografia.»
Durante il suo lavoro è importante che tra coreografo e danzatori si crei una sinergia e, come afferma Valerio, che questi ultimi «comprendano anche la natura umana che c’è dietro il mio lavoro. Non sempre far bene la danza vuol dire aver capito il coreografo nella sua intimità: può capitare che per un pezzo non ci sia il tempo per potersi confrontare e conoscersi. Più è lungo il rapporto e più viene fuori questa dominante umana, che è fondamentale, perché la danza è un’arte, uno scambio tra essere umani per poter creare un lavoro profondo. Ovviamente durante questo percorso è importante, oltre al conoscersi, anche il sapersi mettere alla prova da entrambe le parti, oltrepassare le barriere, esplorare il linguaggio e il movimento e costruire qualcosa insieme per far si che la danza prenda un valore più autentico.»
Valerio, durante il suo lavoro, incentiva, sia come formatore che coreografo, lo scambio continuativo con i danzatori per poter dare i giusti tools. Ritiene positivo, ci spiega, quando è possibile estendere l’incontro con gli allievi, partendo dal singolo seminario o stage per arrivare a un percorso didattico più ampio e lungo. «Ogniqualvolta questo è possibile, e si presenta l’occasione di proporre un lavoro di sperimentazione sui ragazzi, cerco di costruire dei rapporti fatti di sinergie continuative con le strutture di formazione, con incontri che possano essere anche di una o due volte al mese, e che durino l’intero anno. Questo permette di raggiungere un’intesa e un importante scambio, dando modo ai ragazzi di assimilare il più possibile quello che è il linguaggio di un coreografo, o l’idea coreografica, che andrà poi a svilupparsi in maniera profonda conoscendosi a vicenda»
La ricerca nel suo lavoro ruoto attorno al concetto di “movimento come gesto”. Nella nostra mente risuona l’eco delle ricerche sul linguaggio non verbale, lo studio del corpo umano e del suo movimento legato alle emozioni, che da sempre sono parte della nostra storia. Dalla pittura al teatro, dalla scultura alla danza, il gesto e il movimento hanno una forte valenza espressiva e un potere comunicativo intenso, che suscita e richiama sensazioni ed emozioni alla base della comunicazione umana e inducono nello spettatore quella che viene definita “partecipazione empatica”. Nella danza ne troviamo le declinazioni grazie a precursori come François Delsarte, che studiò il legame tra gesto ed emozione, o Rudolf Laban, con il suo studio del movimento in relazione all’ambiente.
«Io punto alla gestualità» prosegue Valerio, «il movimento che attraverso una soggettività diventa espressione artistica e quindi gesto. Punto su questo fattore dell’interpretazione della soggettività, per costruirlo come un allenamento.» Così, grazie alle capacità dell’insegnante il movimento diventa, nell’espressione unica e soggettiva che ne farà il danzatore, gesto, ed è su questo che i due svilupperanno il lavoro assieme.
La carriera lo ha portato a viaggiare molto e ad essere in continuo contatto con le diverse realtà della danza. Così oggi ritiene importante «dare ai ragazzi una buona proposta formativa, che possa fornire loro strumenti da poter utilizzare per confrontarsi con le diverse espressioni della danza, come quelle che si propongono nei teatri, con coreografi diversi, e negli altri Paesi, quali ad esempio Germania, Francia, Inghilterra… Un linguaggio che possa aiutarli in tutti i sensi.»
Parlando della danza in Italia e dei consigli che si sente di dare ai ragazzi che intraprendono questo percorso Valerio spiega come sia importante riscoprirla a trecentosessanta gradi, non perdendosi nella frenesia dei media, dove a volte la danza diventa più un effetto collaterale che il punto focale a cui prestare attenzione, o pensando che per beneficiare della sua magia e bellezza si debba arrivare ad essere necessariamente il più grande ballerino del mondo.
«Quando tu scopri e senti la danza dentro di te sei già arrivato a un punto di non ritorno. Essendo all’interno di quella magia basta solo continuare a nutrirla, a non perdere mai il contatto con questo amore grande che scatta. È la danza che entra dentro di noi. Quando sento la musica mi vien voglia di muovermi, di interpretarla, di sentirla e la riscopro dentro di me. Questo tipo di lavoro è quello che continuo a fare sempre con me stesso. È importante inoltre diffonderla e viverla attraverso eventi nei teatri, o anche in realtà più piccole che siano legate all’arte, come spazi alternativi, musei, luoghi che fanno parte del nostro patrimonio. Questo permette di dare un valore aggiunto alla danza e di darle uno spazio accanto alle altre arti, affinché venga valorizzata per diventare qualcosa di più profondo. È così che si creano contaminazioni che respirino di arte.»
Ci sono poi danzatori che hanno integrato il loro lavoro anche attraverso il cinema o creando loro stessi le proprie musiche. «Chi entra nel mondo della danza, d’altronde, sente la necessità di nutrirsi di altre realtà, come il cinema, la pittura, e tutta l’arte in generale. È bello che i ragazzi ne sentano il richiamo e gli venga data possibilità di potersi già confrontare con la realtà magica di tutta l’arte: si tira fuori il bello che abbiamo già per natura dentro di noi.»
E infine, ci saluta con un ultimo pensiero per la danza italiana.
Grandi nomi della danza nostrana hanno girato il mondo, eppure il loro cuore batte per l’Italia. «Sono contento quando si sente di grandi talenti italiani che riescono a fare esperienza all’estero o calcano i palcosceni di tutto il mondo, e che nonostante questo, mantengono un occhio di riguardo anche per l’Italia.
Il grande consiglio è quello di non perdere mai il contatto con l’amore puro che c’è dentro di noi verso ciò che è la danza. Per quello che concerne il mio lavoro, la cosa più interessante e che sto portando avanti è la decisione di non mollare il nostro Paese. Io sono l’ultimo di una generazione di Aterballetto e porto avanti come missione quella di continuare a danzare in Italia.»
Flavia Cheli
Nota Biografica
Valerio Longo, si diploma al Liceo Coreutico di Torino. Durante i cinque anni di studio partecipa ad alcune produzioni della Compagnia del Teatro Nuovo di Torino debuttando ne “Il tango delle ore piccole” di Robert North. Studia in seguito con Robert Strayner, Luc Buy, Irina Rosca, George Bodnarciuk. Nel 1992 partecipa, vincendolo, al concorso “Giovani talenti” di Chiavari e al Concorso “Città di Rieti” (3° posto). Nel 1996 vince il concorso “Vignale Danza”. Nel ’98 lavora come solista nella compagnia Danza Prospettiva di Vittorio Biagi e successivamente entra a far parte del Balletto di Toscana e dall’autunno 2001 in Aterballetto. Nel 2004 crea assieme a Adrien Boissonnet e Beatrice Mille “Il corpo che narra. Trasformazioni”. Nel 2005 è autore di “Pororoca” e nel 2006 di “Saminas”, entrambe per Aterballetto. Nel 2008 ha creato “Hasmu” per lo Scapino Ballet. Torna a creare per l’Aterballetto nel 2010 “Minima sospensione”, nel 2011 “Indomato effetto”, nel 2012 “Short Rock”, nel 2013 “White Night” e nel 2014 “Nude Anime”.
“Serata Bigonzetti”, Sabato 18 febbraio ore 21:00 – Domenica 19 febbraio ore 17:00 Teatro Brancaccio, Via Merulana, 244, Roma (RM)
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